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Polinesia

Si fa presto a dire “Polinesia“! In realtà con questo nome indichiamo una immensa porzione di oceano Pacifico alle latitudini tropicali, un’irreale mosaico di isole e barriere coralline, di spiagge sabbiose e coni vulcanici che risalgono fin in superficie dalle profondità dei fondali abissali. Pur volendo essere più precisi e cercando di specificare e ridurre la regione in esame riferendoci esclusivamente alla parte nota come “Polinesia francese”, ci troviamo comunque ancora di fronte ad una immensità: una immensità di mare e natura, di reef e spiagge candide, divisi dai geografi in due differenti arcipelaghi.

La Polinesia francese si estende su di una superficie di oltre cinque milioni di chilometri quadrati, dei quali solamente quattromila di terre emerse, più a meno a metà tra la costa Australiana ed il continente Americano. Siamo proprio al centro di quello che è comunemente definito come il “Triangolo Polinesiano“, un triangolo ideale avente come vertici le isole Hawai a nord, l’isola di Pasqua ad est, e la Nuova Zelanda ad ovest.

E con questa chiave di lettura si arriva facilmente a comprendere perchè proprio questo angolo di mondo sia stato così al centro dell’interesse di tanti e tanti navigatori che, dai tempi della scoperta degli arcipelaghi fino ai giorni d’oggi, hanno eletto la Polinesia Francese come meta dei propri sogni. Probabilmente infatti, non basterebbe una vita intera per dichiararsi soddisfatti dell’esplorazione di isole ed atolli così unici e sensazionali come quelli che compongono l’arcipelago della “Sociétè” e quello delle “Tuamotu”.

E pur non volendosi calare nei panni del navigatore solitario, anche interessandosi da semplici turisti e sfogliando qualche normalissimo depliant, non si può non lasciarsi cogliere dallo sconforto, non essere preda della certezza che, comunque, visitando questo angolo di paradiso, mai e poi mai si potrà riuscire a conoscerlo davvero, ad apprezzarlo in pieno, a calarsi nella sua intimità. Difficilmente la realtà che ci apprestiamo a vivere sarà sovrapponibile al mito dell'”Ultimo Paradiso”, al luogo così familiare nei nostri sogni di bambini di fronte ai primi film di Folco Quilici.

Di certo con un depliant in mano la scelta del programma per il nostro angolo di paradiso si rivelerà estremante difficile ed i giorni che comunque continuiamo ad aggiungere al viaggio continueranno a rivelarsi insufficienti. Ma al nostro ritorno a casa, qualsiasi sia stata la durata del viaggio, le immagini nei nostri occhi saranno indelebilmente intense e le emozioni provate di fronte a certi spettacoli estremamente forti. Apprestiamoci alla organizzazione del viaggio, cercando di concentrarsi su due, massimo tre isole dove trascorrere il periodo stabilito, invece di saltare come anime in pena da una all’altra. Tahiti è l’isola maggiore dei due arcipelaghi, l’isola della capitale Papeete e dell’aeroporto intercontinentale.

Tahiti è dunque l’isola che ci accoglierà al nostro arrivo. La sua prima immagine corrisponderà probabilmente alle nostre aspettative: la troveremo verdissima, con imponenti lame di rocce laviche nere che squarciano la vegetazione e circondata da una laguna corallina verde smeraldo. Tahiti per noi significherà la Polinesia di oggi, l’incontro con la realtà attuale di queste pittoresche isole, la conoscenza dell’interazione tra la cultura francese e quella Polinesiana.

Sarà affascinante trascorrere la serata del nostro arrivo passeggiando sulle banchine del grande e moderno porto commerciale, fermandosi magari a cena in uno dei numerosi chioschetti che offrono specialità cinesi e locali proprio sul molo. Approfittando magari del “Jet Leg” che forse ci costringerà ad una prima notte quasi insonne, leviamoci prima dell’alba e rechiamoci al pittoresco mercato coperto. Non si tratta di una attrazione turistica: alle cinque del mattino i turisti dormono, e sono i Polinesiani che si affaccendano per accaparrarsi il più bel pesce appena pescato, o le verdure ancora umide di rugiada o mazzi di coloratissimi fiori.

Una ricca e gustosa colazione in uno dei numerosi bistrot ci ricompenserà della levataccia e ci ridarà le forze per una passeggiata sul lungomare, dove i vagabondi dell’oceano si stanno svegliando ed escono in coperta sulle loro barche a vela cariche di panni stesi, biciclette e vasi di fiori. Se è domenica, siamo in tempo per recarci alla messa, alla quale le religiose donne Polinesiane assistono impeccabilmente vestite di chiaro con il cappellino bianco a larghe falde sulla testa. La visita al museo di Gaugin e la salita alle alture dell’isola fanno parte delle mete turistiche obbligate. Da non perdere nei mesi da Agosto e Novembre è il passaggio delle megattere e quindi una giornata di snorkeling dedicata al Whalewatching è senz’altro da programmare.

Dall’alto scopriremo la vicina Moorea, rocciosa e massiccia, ad un tiro di schioppo da Tahiti. In breve siamo sul catamarano di linea che collega le due isole. A Moorea ci dedicheremo alla vacanza classica, in un villaggio moderno, spesso di grandi dimensioni. Potremo impegnarci negli sport nautici e nell’immersione subacquea, attendendo le ore della sera per partecipare in silenzio, discreti spettatori, alle danze organizzate per noi alla luce delle torce mentre l’aliseo carezza dolcemente il nostro volto e le chiome delle palme. Benchè le fotografie dei depliant e filmati visti mille e mille volte possano in un certo modo già averci preparati, l’apparizione di Bora Bora al finestrino dell’aereo sarà comunque sconvolgente: non riusciremo a staccare lo sguardo dai violenti picchi di lava nera che squarciano la vegetazione verdissima, dal candore brillante del nastro di sabbia che circonda l’isola prima di gettarsi nell’incredibile laguna fosforescente.

Ed oltre, poco prima del blu intenso del Pacifico, ancora una striscia sottile di sabbia e palme, di verde brillante e bianco candido, divisa tra il biancore delle onde del mare aperto e l’immobilità del colore smeraldo delle acque della laguna. Conosciuta, turistica, con le navi militari francesi alla fonda nella laguna, ricca di alberghi e resort, Bora Bora nonostante tutto resterà nel nostro cuore, il suo fascino non ci abbandonerà mai, l’industria del turismo talvolta anche un po’ sovrasviluppata non riuscirà mai a distogliere la nostra attenzione da questa natura incredibile e violenta, non riuscirà di certo a distruggere la magia eterna di questo luogo che non ha eguali al mondo. A Bora Bora trascorreremo giornate di relax totale, alternate ad altre di piacevoli gite in barca nella spettacolare laguna.

Seguendo una guida locale daremo da mangiare agli squali di barriera: non occorre essere subacquei provetti, basta una piccola maschera per affacciarsi tra i coralli in un metro di profondità ad osservare queste creature marine. Così come non occorre essere sub per visitare la colonia di grandi razze che abitano la laguna e che sono ormai abituate a prendere il cibo dalle mani dell’uomo. Dopo le emozioni forti, l’attività intensa delle giornate trascorse a Bora Bora, Huaine promette emozioni di segno completamente opposto. Solo due discreti e lussuosi resort ci offrono ospitalità sulle coste di quest’isola dalla singolare forma simile ad un otto e circondata da una immensa laguna.

Una piroga è la chiave per aprire la porta di un mondo di sogno, su paesaggi che infondono serenità infinita, costantemente dominati da verdi, lussoreggianti foreste, interrotte dalle lame nere della lava solidificata. A Huaine l’Oceano sembra essere lontano, isolato allontanato, con le sue onde violente, dalla delicatezza del paesaggio della laguna corallina. Da qui un breve volo ci trasporta in un mondo completamente diverso: a Rangiroa dove non esistono rilievi, rocce vulcaniche… Al limite si può dire che non esiste neppure l’isola: si tratta infatti solo di una grande cintura di corallo a tratti conquistata da sabbia bianca e palmizi.

Una terra che si eleva di pochissimi metri sulla superficie del mare.

Ed è assolutamente ed esclusivamente al mare che è consacrata la nostra permanenza sull’atollo.

Per i subacquei va detto che probabilmente sono proprio i fondali di Rangiroa ad offrire le emozioni più forti del mare Polinesiano: i più esperti potranno immergersi nella spettacolare pass di Tipouta, battuta da violente correnti e trovarsi circondati da centinaia di squali.

Affacciati all’ingresso di una piccola grotta assisteranno allo spettacolo di queste eleganti creature in banchi fitti e serrati, che avvicinano i sub senza timore. Si tratta in genere di squali grigi, di carcarinidi di taglia anche superiore ai due metri, ma non è affatto raro l’incontro con grandi esemplari di specie pelagiche come i Longimanus o con gli eleganti squali martello. Una volta poi, durante la risalita, ci siamo trovati proprio sotto ad un gruppetto di aquile di mare che ci hanno sorvolato nuotando compatte. Indimenticabili le emozioni vissute sui fondali di Rangiroa. Così come indicabile potrebbe essere i soggiorno presso il Kia Ora Sauvage, un paio di piccole capanne costruite su di una minuscola lingua di sabbia lontana, persa nell’atollo di Rangiroa.

Saremo i soli ospiti del nostro piccolo regno, accompagnati solo da un cuoco e da un paio di camerieri. Potremo rimanere li fino ad essere stufi del nostro soggiorno in paradiso. Rangiroa non è solo famosa per la sua bellezza e per l’eleganza degli squali che popolano le sue acque: il suo mare è prodigo anche di un’altra sorta di doni, doni molto preziosi. Al centro della laguna, infatti, ci sono diversi stabilimenti per la coltivazione delle ostriche perlifere. Il procedimento per ottenere perle dalle ostriche è piuttosto lungo e complesso.

Si parte dalla cattura delle ostriche quando ancora sono allo stadio planctonico, mediante l’immissione in acqua di reti alle quali le planule si attaccano. Poco più tardi le piccole ostriche (Pinctada margheritifera) vengono fissate ad intervalli regolari su dei supporti rigidi che consentono di tirarle fuori dall’acqua per la pulizia del guscio dai parassiti e per altre operazioni. È solo quando l’ostrica ha raggiunto ormai i dieci centimetri che è pronta per l’intervento: si tratta di inserire una piccola sferetta di madreperla all’interno del guscio. Il mantello del bivalve ha la possibilità di ricoprire di madreperla un eventuale corpo estraneo accidentalmente penetrato nel guscio: e questo è quanto avviene con la sferetta artificialmente inserita all’interno. Ci vorranno due anni di tempo prima che la perla artificialmente creata sia della taglia necessaria per la vendita.

Come, dove e quando

Come più volte detto nel testo, la Polinesia Francese occupa un territorio enorme, e la cosa più sbagliata da fare nel corso di un viaggio è quella di tentare di vedere il più possibile.

In realtà secondo il mio personale parere le isole Polinesiane non sono da vedere, sono da vivere, da godere, da assaporare profondamente. Scegliete con cura dunque la vostra destinazione e dedicatevi ad un paio, massimo tre isole se disponete di un periodo sufficientemente lungo. Arrivare in Polinesia è molto facile con tre collegamenti settimanali da Parigi.

Compagnie locali collegano efficientemente le isole tra di loro. Si faccia attenzione agli accessi di bagaglio, non tollerati su quei piccoli aerei. La Polinesia Francese è sottoposta al regime degli alisei. Calda e umida la stagione da dicembre a marzo con temperature tra i 27 e i 35°C, fresca e asciutta quella da Aprile a Novembre con temperature tra i 21 e i 27°C.

Una muta leggera è sufficiente per le temperature dell’acqua che vanno da un minimo di 22°C in inverno ad un massimo di 27°C in estate. Tutte le isole maggiori sono dotate di un centro immersioni generalmente di ottima affidabilità regolato dai rigidi standards francesi. Il consiglio è comunque quello di recarsi a Rangiroa per le immersioni. Qui potremo oltretutto contare su di un piccolo ed esclusivo centro immersioni di italiani: il suo nome “Six Passenger Diving Center” la dice lunga sui suoi standard qualitativi e sull’assistenza offerta alla clientela.

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